Hai un negozio fisico e vuoi aprire un e-commerce? Aspetta, prima valuta questi 6 punti chiave
- Redazione

- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 6 min

Tutto è iniziato con una recensione a una stella su Google. Non da un cliente scontento, ma da un imprenditore a cui abbiamo detto di no.
Voleva promuovere un e-commerce di erboristeria: gli abbiamo spiegato che non era sostenibile. Il giorno dopo, una stella.
Ma la verità è questa: non tutti i negozi possono (o devono) vendere online.
E il compito di un’agenzia non è venderti un servizio, ma aiutarti a capire se ha senso farlo.
Negli ultimi anni molti negozianti si sono infatti avvicinati al digitale con una convinzione:“Se vendo bene nel mio negozio, venderò anche online.”
Ma il digitale non è un’estensione naturale del negozio. È un mercato con regole, margini e logiche diverse.
Prima di aprire un e-commerce, ci sono 5️⃣aspetti da valutare con onestà, più uno finale, che spesso cambia completamente la prospettiva.
Sommario
Margine: la matematica prima del marketing
Nel punto vendita, i costi di acquisizione del cliente sono fissi: affitto, personale, vetrina.
Online, invece, ogni vendita ha un costo variabile, perché ogni cliente lo “compri” con pubblicità, piattaforme e logistica.
La formula reale da conoscere:
Margine netto online = Prezzo di vendita – (Costo prodotto + Spedizione + Fee piattaforma + Costo reso medio + Costo pubblicitario medio per vendita)
dove:
Fee piattaforma: 2–3% del prezzo (Stripe, PayPal, marketplace)
Spedizione: 6–12€ per ordine
Reso medio: 10–20% del valore prodotto (soprattutto moda e arredo)
Costo pubblicitario medio (CAC): 15–60€, con picchi superiori nei settori competitivi
💡 Regola base:il carrello medio deve essere almeno 4–5 volte il CAC, e il margine lordo non dovrebbe scendere sotto il 50%.
Se vendi prodotti con basso margine o alto peso logistico (come cosmetici, integratori o articoli erboristici), difficilmente il modello regge. Il marketing non risolve un’equazione economica sbagliata.
Un e-commerce non è una vetrina digitale, ma un modello di business a sé: se i numeri non tornano, nessuna campagna potrà salvarlo.
Percorso d’acquisto: nel negozio comprano te, non solo il prodotto
Nel tuo negozio il cliente si fida di te. Del tuo consiglio, del modo in cui ascolti, del tempo che dedichi. Non compra un prodotto, compra la tua esperienza.
Online, quella fiducia non esiste in partenza. L’utente arriva, guarda, valuta, e decide in meno di 8 secondi. Non può sentire il tono della tua voce né farsi guidare dal tuo modo di consigliare. Le sue obiezioni non vengono espresse: si traducono in abbandoni silenziosi.
Offline vs online
Questa differenza è cruciale: online la fiducia va ricostruita artificialmente con contenuti, recensioni, storytelling e riprova sociale. Serve una sequenza: farsi conoscere, farsi capire, farsi ricordare. Solo dopo, farsi scegliere.
Un e-commerce efficace non sostituisce il venditore: ne replica il metodo, con strumenti diversi. Sei disposto/a a creare questa molte di contenuti?
Differenziazione: se non sei unico, sei invisibile
Nel mercato fisico puoi sopravvivere grazie alla posizione, alle relazioni, al passaparola.
Nel digitale, invece, la posizione non esiste: conta solo il motivo per cui qualcuno dovrebbe scegliere te invece di un altro.
Se vendi un prodotto simile a quello che si trova su Amazon, a parità di prezzo, vince chi ha più recensioni e consegna gratis in un giorno. E se il tuo prodotto è indifferenziato, il cliente non ha motivi per scoprire il tuo sito.
Come capirlo in pratica
Cerca il tuo prodotto su Google. Se compaiono decine di alternative identiche, sei in una categoria saturata.
Controlla Amazon: chi domina i risultati? che recensioni ha?
Analizza i marketplace verticali (Etsy, ManoMano, Tannico…): se ci sono operatori forti, chiediti quale valore unico puoi offrire.
Se non riesci a rispondere chiaramente a “perché dovrebbero comprare da me?”, l’e-commerce rischia di essere solo un duplicato inutile del mercato.
Come differenziarti davvero
Rendi unico il servizio. Personalizzazione, packaging, customer care, consulenze.
Crea un racconto proprietario. Il modo in cui selezioni o realizzi i prodotti è il tuo valore aggiunto.
Specializzati. Un micro-posizionamento (es. erboristeria bio per sportivi, non “erboristeria generica”) vale più di mille SKU.
Nel digitale non basta esserci: serve una ragione chiara per esistere.
Brand: la fiducia algoritmica (e il costo dell’anonimato)
Nel negozio, la fiducia è personale. Online, è algoritmica: non conta solo ciò che vendi, ma quanto sei riconosciuto come affidabile da persone e motori di ricerca.
Come funziona davvero
Google e le piattaforme pubblicitarie non “vedono” la qualità del tuo prodotto. Misurano autorità, coerenza e reputazione online attraverso:
citazioni e link da siti esterni,
recensioni Google e portali terzi,
menzioni del brand nei contenuti,
engagement reale sui social,
coerenza di naming e dominio.
Chi accumula segnali coerenti viene premiato in SEO, Ads e AI generative.Chi non li ha… semplicemente non esiste.
Perché conta economicamente
Un brand noto converte con tasso medio 3–5 volte superiore a uno sconosciuto. E ha un CAC (costo acquisizione) fino al 60% più basso, perché la fiducia preesiste al click. Un e-commerce anonimo invece deve:
pagare di più per ogni utente,
scontare per convincere,
aspettare mesi prima di avere recensioni credibili.
👉 In pratica, il brand è la somma dei soldi che non devi più spendere in pubblicità.
Cosa serve oggi
SEO solida e contenuti autorevoli;
PR digitali e collaborazioni reali;
campagne di brand awareness, non solo vendita;
recensioni e casi studio pubblici.
Il brand non è estetica: è un asset di conversione. E senza, ogni click costa il doppio. Hai questo budget?
Logistica: il costo nascosto che può distruggere i margini
Ogni vendita online attiva una catena di costi invisibili che, sommati, spesso erodono completamente il margine.
Le quattro voci che cambiano tutto
Spedizione: 6–12€ per ordine medio (fino a 15€ per food o arredo).
Resi: tra il 10% e il 40% degli ordini — moda 30–40%, beauty 15–25%.
Customer care: 1 ora ogni 15–20 ordini, pari a 20–25€ di costo medio.
Errori di consegna e rotture: 1–2% degli ordini, con impatto diretto e reputazionale.
Effetto combinato
Esempio: prodotto da 60€ con margine lordo 25€.
spedizione: -8€
fee piattaforma: -2€
reso medio (20%): -5€
customer care: -3€
👉 Margine reale: 7€. E se il CAC medio è 15€, stai perdendo 8€ a vendita.
Questo è il motivo per cui molti e-commerce chiudono pur “vendendo tanto”.
Come renderla sostenibile
Alza il carrello medio (spedizione gratuita sopra soglia).
Automatizza logistica e customer care.
Centralizza il magazzino.
Riduci i resi con schede prodotto chiare e foto realistiche.
La logistica non è un dettaglio: è il margine che sparisce se non la controlli.
Bagno di realtà: i numeri (che non dicono le agenzie)
Secondo l’Osservatorio Netcomm 2024:
il 78% del fatturato e-commerce italiano è generato da grandi marketplace (Amazon, Zalando, Unieuro, ecc.);
solo il 6% viene da PMI con meno di 10 addetti;
il tasso medio di conversione è 1,5% (1 ordine ogni 67 visite).
il costo medio per vendita online, tra Ads e fee, è 67€.
Margini per settore (fonte: Casaleggio Associati)
Il margine netto dopo advertising e logistica scende spesso sotto il 10%.Solo chi ha volumi elevati o un brand solido resta profittevole.
Il fattore demografico
L’Italia ha:
età media 46,5 anni,
solo il 55% della popolazione fa acquisti online regolari,
oltre il 35% ha più di 55 anni e scarsa fiducia nei pagamenti digitali.
👉 Quindi il mercato potenziale reale è molto più piccolo di quanto sembri nei report.
E l’export?
Sì, ma:
spedizioni +50/70%,
customer care multilingua,
fee marketplace fino al 20%
Molti iniziano a esportare e si accorgono che ogni vendita internazionale costa più di una nazionale.
L’e-commerce non è un’estensione del negozio, ma un modello industriale: servono processi, dati e struttura, non solo un sito.
Bonus – L’obiettivo giusto: usare il digitale per far crescere il fisico
La domanda più utile non è “come apro un e-commerce”, ma “che ruolo deve avere il digitale nel mio modello di business?”
In molti casi, la risposta non è “vendere online”, ma usare il digitale per far funzionare meglio l’offline:
far conoscere il negozio e i prodotti,
raccogliere contatti e fidelizzare clienti,
gestire prenotazioni o richieste di consulenza,
creare community e contenuti che rafforzino la marca.
Un sito web ben costruito, un sistema di email marketing e una strategia di advertising mirata possono raddoppiare le vendite offline, senza i costi e i rischi di un e-commerce completo.
È la logica del Connection Funnel: capire dove si trova il cliente nel suo percorso d’acquisto e usare gli strumenti digitali per accompagnarlo, non forzarlo.
Il digitale non deve sostituire il fisico: deve amplificarlo.
In sintesi
Aprire un e-commerce non è un gesto di modernità, ma una decisione economica e strategica. Prima di investire, chiediti se hai:
margini sostenibili,
un prodotto differenziato,
un brand riconoscibile,
una logistica solida,
una strategia integrata.
Se la risposta è “no”, non è un fallimento, è consapevolezza.
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